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È ormai noto quanto le misure attuate per far fronte alla crisi sanitaria vissuta a livello globale abbiano inciso sull’economia di tutti i principali Paesi. Il PIL mondiale è stimato in forte arretramento, con notevoli effetti sugli scambi commerciali.
Per quanto concerne l’Italia, le proiezioni macroeconomiche descritte a inizio giugno nel documento di sintesi di Banca Italia distinguono due scenari legati alle evoluzioni del contesto geopolitico e sanitario attuali. Due visioni che, ognuna a proprio modo, avranno ripercussioni anche sull’esito degli NPL che oggi affollano i portafogli bancari nazionali.

Il bivio economico per il PIL nelle previsioni di Bankitalia

Partendo da una prima prospettiva in chiave ottimistica, si ipotizza una graduale crescita del PIL nel prossimo biennio (4,8% nel 2021 e 2,5% nel 2022) rispetto alle ipotesi presentate a gennaio, nonostante il trend in ribasso del 9,2% per tutto il 2020.
L’auspicata e graduale attenuazione delle misure di prevenzione, poi, inciderebbe sulla tendenza in rialzo del PIL italiano in questo secondo semestre, sebbene gli effetti del Covid-19 potrebbero essere più persistenti sulla domanda estera, sui flussi turistici e sulle decisioni di spesa di imprese e famiglie. Scelte che vanno anche strettamente connesse al calo dell’occupazione e alla relativa contrazione dei redditi disponibili.

Il rovescio della medaglia

Se pur le misure attivate dal Governo a sostegno diretto della domanda tentino di scongiurare una crisi di liquidità, il secondo scenario previsto da Banca Italia è più severo. A questo concorre soprattutto l’eventualità pessimistica del protrarsi dell’epidemia, che causerebbe nuove misure di sospensione delle attività, accentuazione del credit crunch e, in ultima istanza, effetti aggiuntivi sul PIL di più di un punto percentuale per il prossimo biennio.

I tempi e l’intensità della ripresa dipendono insomma da molteplici fattori, che rendono arduo prefigurarsi uno scenario definito. Oltre all’incertezza epidemiologica, nei due panorami ipotizzati da Banca Italia manca la considerazione delle ripercussioni degli episodi di insolvenza tra banche e imprese. Una spada di Damocle che grava sulla capacità produttiva dell’economia italiana.

NPE e banche italiane: una situazione pronta a esplodere?

Agli inizi del 2020, nel nostro Paese i crediti deteriorati lordi ancora da recuperare ammontavano a 325 miliardi di euro. Di questi, circa 79 miliardi di euro erano rappresentati dagli UTP, quelle inadempienze che gli istituti ritengono improbabile che il debitore ripaghi integralmente. L’81% di essi erano concentrati nelle prime 10 più importanti banche nazionali, come Unicredit, Intesa e MPS.
Dalle previsioni di poco più rosee degli NPL, gli UTP sono comunque una categoria persistente di credito deteriorato, oltre che la più rilevante in base alla NPE ratio, poiché indica la fragilità di un istituto bancario.

Stando alle previsioni di Banca Ifis, per quest’anno il mercato NPL vedrà aumentare il numero di nuove transazioni, per un valore di circa 32 miliardi di euro entro la fine del 2020.

Secondo un’altra recente ricerca, si stima che gli NPL potranno aumentare rispetto alla crisi finanziaria del 2008, o al più risultare in linea con la stagnazione economica che l’Italia sta attraversando. (Fonte: Bain & Company)
Di fronte alle attuali previsioni di delta PIL, i tassi di default nel 2021 potrebbero arrivare a oltre 5 volte la quota del 2019, raggiungendo picchi di oltre il 10% per le imprese. Per la stessa ricerca, in un solo anno lo stock di non performing loans potrebbe arrivare a livelli paragonabili al 2014, quando si era accumulato il deteriorato di cinque anni di crisi precedente.

NPL banche italiane e ripresa economica: migliorare la gestione dei crediti deteriorati

Per Bain & Company, gli NPE sono dunque “la bomba a orologeria del sistema bancario italiano”. La sfida odierna è evitare che questo ordigno esploda.

In situazioni come quella che stiamo vivendo, le reazioni dei mercati e le tensioni sul credito si manifestano e raggiungono il proprio acme in ritardo, rispetto all’affacciarsi della crisi stessa. Allo stesso modo, le aziende riporteranno con certezza gli effetti di questa crisi a partire dal prossimo bilancio. Dato il blocco degli scambi economici vissuto da inizio marzo 2020, tutte le tipologie di impresa potranno registrare un impatto notevole sul proprio capitale. Questo può preludere a un aumento nelle registrazioni di fallimenti, che espone gli istituti di credito a un maggiore incremento dei deteriorati.

La pandemia si è rivelata un catalizzatore di trend e un amplificatore di problematiche. Per le Banche e i Servicer specializzati risulterà essenziale, ora, ripensare la propria credit value chain, per gestire in modo proficuo gli interventi governativi e puntare al deleveraging.
Anche i Decreti attuati per risanare la situazione economica rimettono alle banche la facoltà di valutare se concedere o meno liquidità alle imprese. Per questo sarà indispensabile trovare la strategia ottimale per organizzare la gestione dei crediti deteriorati e una valutazione creditizia preventiva.

Nelle operazioni di due diligence, avvalersi del supporto di società dotate di licenza ex 134 TULP può aiutare ad agire con metodo e tempestività. La qualità delle informazioni ottenute è ciò che fa la differenza al momento della valutazione creditizia del portafoglio NPL. Un approccio che, nei momenti di crisi, è la chiave per risalire la china di un’auspicata ripresa.

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