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Un’analisi quantitativa della situazione “Crediti Deteriorati” sia a livello europeo che nel mercato italiano.

Un’analisi quantitativa della situazione “Crediti Deteriorati” sia a livello europeo che nel mercato italiano.

Il mercato dei Non Performing Loans è continuamente al centro dell’attenzione del settore finanziario italiano ed europeo.
A livello “Unione Europea” la classifica stilata dall’EBA (European Banking Authority), sulla base dei rischi e delle vulnerabilità del sistema bancario continentale analizzando le principali banche europee, vediamo come dal punto di vista dell’ammontare monetario di crediti deteriorati l’Italia, purtroppo, la fa da padrona. Sono 276 i miliardi di NPL in capo al sistema bancario italiano con la Francia che segue, se pur a lunga distanza, con 148,4 miliardi e la Spagna con 141,2 miliardi; a seguire troviamo la Grecia (115,1 mld), il Regno Unito (90,6 mld), la Germania (67,7 mld) e i Paesi Bassi (44,6 mld).
I paesi più virtuosi dal punto di vista del volume di npl sono quelli del nord come Norvegia e Finlandia o dell’est (Slovenia e Romania).
La differenza sostanziale sulla completa valutazione della qualità del sistema è data dalla relazione con un ulteriore valore, detto Npl ratio, che rappresenta la percentuale di crediti deteriorati sul totale dei crediti concessi.
In questa seconda classifica l’Italia migliora la sua posizione anche se non di tanto.
Il valore relativo al sistema italiano si attesta infatti al 16,4%, quinto a livello europeo, dopo i record al negativo di Cipro (47,4%) e Grecia (46,9%), il Portogallo (19,7%) e la Slovenia (19,2%).
Come possiamo vedere un paese come la Slovenia che si trova tra le ultime posizioni nella classifica del valore monetario di npl è addirittura quarta nella seconda, relativa alla percentuale sul totale.
Norvegia e Finlandia invece, come ci si poteva aspettare, confermano la qualità del sistema bancario anche in questo ranking, rispettivamente all’ 1,7% e 1,5%.
Al top di questa seconda classifica troviamo ancora un paese scandinavo con la Svezia che ha una percentuale di crediti deteriorati sul totale di appena l’1%.

Dal punto di vista della composizione dei crediti ci sono poi alcune differenze a seconda del paese analizzato: la Francia per esempio vede tra i soggetti debitori in vantaggio se pur di poco le famiglie, di pari passo con le società non finanziarie; al contrario in Italia la percentuale maggiore, quasi il 75%, fa riferimento ad imprese non finanziarie.
Sulla stessa linea di distribuzione dei soggetti debitori dell’Italia sono anche la Spagna e la Germania che riscontra una percentuale più alta, in relazione agli altri paesi, di “altre società finanziarie” diverse dagli istituti di credito; sulla stessa suddivisione della Francia troviamo invece la Polonia con un 54% dei crediti relativi al comparto “famiglie”. (Fonte: EBA)

Passando al mercato italiano e suddividendo anch’esso in aree geografiche per regioni vediamo come la Lombardia sia in testa come stock di Npl con il 21% del totale italiano, seguita dal Lazio con l’11,9% e Veneto ed Emilia Romagna con rispettivamente 9,8% e 9,7%.
In coda troviamo regioni come Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia e Calabria, anche per la minore popolazione e di conseguenza il minore ammontare di crediti concessi .

A livello di istituti di credito sono i colossi bancari come Unicredit, Intesa San Paolo e ovviamente la protagonista della questione “Intervento Statale”, Monte dei Paschi di Siena a fare da protagonisti nelle classifiche dei crediti detenuti.
Il ranking rispecchia naturalmente la dimensione degli istituti bancari e infatti vediamo come Unicredit nel 2016 abbia in casa ben 52,6 mld di crediti deteriorati lordi, contro Intesa San Paolo con 38,6 mld, MPS con 27,3 mld, Banco Popolare con 10,3, Ubi con 7,2 mld e via via gli altri.
Dal punto di vista del tasso di copertura vediamo come il tasso di copertura dei crediti lordi sia sostanzialmente simile per le prime tre banche con il 60,7% di Intesa, il 61,2% di Unicredit e il 62,6%di MPS; anche BNL tiene il passo delle prime tre con un tasso di copertura che si attesta al 63,3% mentre istituti come Banco Popolare e UBI fanno riscontrare rispettivamente il 41% e il 46,7%.

Altro fattore da tenere in considerazione, come per quanto riguarda l’analisi paese svolta precedentemente, è la percentuale di Npl sul totale dei crediti che, come era ovvio, trova MPS in testa con un 21% che ovviamente preoccupa non poco; gli altri due gruppi si attestano infatti entrambi al 9,9% mentre al secondo posto troviamo la Banca Popolare dell’Emilia Romagna con un 15%.
Anche il trend negli ultimi anni sottolineano la condotta della banca senese che solo nel 2013 stazionava al 14,7% sul totale; fondamentalmente in linea con gli anni precedenti e anzi in leggero calo (- 0,4%) sia Unicredit che Intesa.
Ultimo dato interessante per capire la situazione delle principali banche italiane in ambito di Npl è quello relativo al rapporto tra crediti deteriorati netti ed Equity societario: per Unicredit Group questi rappresentano il 40,7% della “ricchezza degli azionisti”, per Intesa San Paolo il 31,9% mentre per MPS è addirittura il 102,6%; guardando il lato positivo vediamo che nel 2013 questo rapporto era addirittura del 144,5%. (Dati 2016; Fonte PWC_The Italian NPL market – Positive Vibes).

Le prospettive sul futuro del mercato europeo sono ancora incerte: la proposta dell’EBA di una Bad Bank Europea che necessiterebbe di un fondo da 200-250 mld di euro, l’apparente frenata da parte della BCE e di Mario Draghi che ritengono questa opzione altamente complessa, soprattutto a livello europeo e le diverse modalità di contrastare il fenomeno crediti deteriorati, dalla gestione interna più accurata alla cessione a terzi. Staremo a vedere quali saranno i prossimi passi di un sistema bancario che ha una forte necessità di respirare e rifocillarsi.

 

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