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Ecco le principali azioni che, se provate, sono in grado di portare al licenziamento del dipendente per giusta causa e i casi reali degli ultimi mesi.

 

In un periodo difficile per il mondo del lavoro con una disoccupazione in Italia dell’ 11,5 % che sale al 35,2% per i giovani tra i 15 e i 24 anni (Istat, Febbraio 2017), chi possiede un lavoro è sicuramente da ritenersi “fortunato”, ovviamente tenendo in considerazione che dietro il trovare un lavoro e tenerselo stretto ci sono impegno, sacrifici, anni di formazione e tanti altri fattori che certamente esulano dal mero fato.

A prescindere da come il posto di lavoro sia arrivato è cosa buona e giusta meritarsi ogni giorno quello stipendio e quella sicurezza, più o meno stabile, che permette di acquisire. Questo vale sia per chi lavora in imprese private sia per chi lo fa in pubbliche amministrazioni.
Se da una parte l’imprenditore che assume una persona investe su di lui, sia dal punto di vista economico, grazie al livello di tassazione italiano, sia a livello di tempo e fiducia, dall’altra l’essere dipendente pubblico porta con se delle implicazioni di natura sociale ancora più forti e interconnesse con il resto della popolazione.
Per essere corretti e non andare incontro a fraintendimenti ipotizziamo di vivere in uno scenario senza datori di lavoro che pagano in nero, che sfruttano i propri dipendenti e che in generale si comportino in modo scorretto approfittando della necessità di lavorare e di portare a casa qualche soldo.

Eliminato questo scenario restano i tantissimi imprenditori che hanno fatto della loro azienda la loro vita e che offrono speranza e un sostentamento a milioni di famiglie. E’ sui dipendenti di queste aziende che va fatto un ragionamento sulla meritocrazia. Meritocrazia per ottenere una certa posizione ma anche meritocrazia per mantenerlo. Sono ormai tantissimi i casi di dipendenti infedeli che vengono licenziati per aver commesso azioni illegali e che vanno a ledere il patrimonio aziendale; e se sono tanti quelli con i quali si arriva ad un vero e proprio licenziamento per giusta causa, statisticamente ci possiamo immaginare che siano altrettanti, o almeno qualcuno in più, quelli che non vengono colti in fragrante.
Uno dei casi è l’assenteismo seriale nei classici giorni da “bollino rosso” come nel caso dei dipendenti Atac , azienda per il trasporto pubblico di Roma, che il lunedì 24 aprile scorso, in occasione del potenziale ponte legato al 25, si è trovata a lavoro 7 dei 28 autisti, 10 avevano chiesto uno dei 3 giorni di permesso relativi alla legge 104, 4 il congedo parentale, 6 il congedo con normativa Avis ed alcuni erano in permesso malattia.

Tra le motivazioni di assenza citati nel caso Atac vediamo come i permessi legge 104 siano quelli più utilizzati e purtroppo più soliti di abusi. I casi sono i più disparati, dai due dipendenti pubblici in Umbria che a ottobre 2016 sono stati licenziati dopo un’indagine per aver utilizzato i permessi 104 in ben 10 casi per girarsi le capitali europee in vacanza alla signora che si recava a serate danzanti proprio nelle ore relativo al proprio permesso.
Ulteriore fenomeno è quello della cosiddetta finta malattia che non vuol dire la truffa al medico sulla propria condizione di salute né la prova, fornita dall’Inps, del mancato rispetto degli orari di reperibilità ma assume una connotazione ancora diversa. I controlli sulla finta malattia intesa in questi termini vengono infatti svolti negli orari fuori dalle ore di reperibilità e sono volti a valutare il comportamento di questi. Non è infatti fatto divieto di uscire di casa ma secondo le ultime sentenze il soggetto deve agire in modo da favorire la guarigione. E’ questo il caso sancito dalla sentenza  (5 Agosto 2014, N. 17625) che accordava il licenziamento per giusta causa in quanto il dipendente, pur essendo in malattia e facendosi trovare dal medico legale, nelle altre ore veniva trovato a partecipare a competizioni agonistiche in ambito ippico pur avendo una “cervicalgia muscolo tensiva con difficolta’ di movimento”. A processo il giudice ha infatti reputato che questa attività non favoriva la guarigione e di conseguenza il dipendente ledeva il rapporto fiduciario con l’azienda.

Ci sono tanti altri casi legati ai dipendenti considerati infedele come i celeberrimi “furbetti del cartellino” sia per se stessi con timbrature e relative fughe dall’ufficio, per gli altri con un “delegato cartellini” che timbra per i colleghi che se ne stanno a casa beati fino al furbetto del cartellino 2.0, impiegato del Comune di Termini Imerese che è riuscito addirittura ad entrare nel sistema di monitoraggio presenze del comune per modificare i propri ingressi e uscite a suo piacimento.
Poi troviamo i ladri in azienda, i patti di non concorrenza svicolati, lo spionaggio industriale dall’interno e tante sfaccettature di un unico mondo, quello dei dipendenti scorretti.

Dopo tutta questa panoramica di profili più o meno fraudolenti sembrerebbe che il mondo del lavoro sia pieno di strateghi delle assenze e di professionisti della truffa.
Ovviamente non è così e di grandi lavoratori se ne trovano tantissimi, anche di quelli che lavorano onestamente nonostante le difficoltà e i salari risicati e che comunque mettono l’anima in ciò che fanno.
Dall’altra parte ci sono però gli Imprenditori che meritano una tutela del proprio patrimonio, inteso come aziendale, e di tenere saldo il rapporto di fiducia con tutti i propri dipendenti per poter svolgere le attività strategiche e delegare le altre attività nella tranquillità maggiore possibile.

E’ in quest’ottica che le Agenzie Investigative, dotate di apposita licenza (Art. 134 TULPS),  sostengono le aziende con diverse attività volte a reperire le prove di effettivi comportamenti scorretti, così da poter procedere ad eventuali licenziamenti per giusta causa senza il rischio di concludere un eventuale processo con un reintegramento del dipendente infedele maggiorato delle spese relative al processo in caso di mancanza di prove oggettive.

Per concludere il mondo del lavoro è decisamente complesso e articolato, i datori di lavoro possono essere dei Leader, dei grandi motivatori oppure degli sfruttatori o dei despoti; dall’altra parte ci sono dipendenti modello, ligi al dovere o entusiasti e pronti a dare sempre qualcosa in più del dovuto e ci sono i fannulloni, i furbi e i truffatori. Eliminando l’azione di fare di tutta l’erba un fascio ciò che invece è oggettivo e palese sono i comportamenti e le azioni reali e dimostrabili; su queste c’è sicuramente poco da discutere.

 

 

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